L’ASSIUOLO
Giovanni Pascoli

TESTO
  1. Dov’era la luna? chè il cielo
  2. notava in un’alba di perla,
  3. ed ergersi il mandorlo e il melo
  4. parevano a meglio vederla.
  5. Venivano soffi di lampi
  6. da un nero di nubi laggiù;
  7. veniva una voce dai campi:
  8. chiù
  9. Le stelle lucevano rare
  10. tra mezzo alla nebbia di latte:
  11. sentivo il cullare del mare,
  12. sentivo un fru fru tra le fratte;
  13. sentivo nel cuore un sussulto,
  14. com’eco d’un grido che fu.
  15. Sonava lontano il singulto:
  16. chiù
  17. Su tutte le lucide vette
  18. tremava un sospiro di vento.
  19. Squassavano le cavallette
  20. finissimi sistri d’argento
  21. (tintinni a invisibili porte
  22. Che forse non s’aprono più?…);
  23. e c’era quel pianto di morte…
  24. chiù
PARAFRASI

Dov’era la luna dal momento che (chè) il cielo nuotava/era immerso (notava: la luna c'è e non si vede ma inonda di luce il cielo in un diafano chiarore) in un’alba perlacea (alba di perla = metafora, il cielo assomiglia ad un alba di perla, di un chiarore opalescente) e pareva che il mandorlo e il melo si ergessero più in alto per vederla meglio [la luna].Si scorgevano lampi silenziosi [per la lontananza] (soffi di lampi = sinestesia) nel nero delle nubi lontane; si sentiva una voce dai campi: chiù (riprende il suono naturale dell’assiuolo, perciò forma una onomatopea pura)…
Le stelle brillavano rare nella nebbia simile al latte (nebbia di latte: metafora): sentivo (nei primi due versi è usato in senso fisico, dato che si riferisce a degli elementi, nel terzo è usato in senso psicologico, perché esprime un sentimento che il poeta prova) il cullare del mare, il fruscio (fru fru = onomatopea) tra i cespugli (fratte), sentivo nel cuore un trasalimento (sussulto per un’emozione), come il lontano ricordo (com’eco) di un antico grido per un dolore (d’un grido che fu = è una similitudine, il poeta paragona il singulto (singhiozzo) alla voce ad un grido che gli evocava un dolore lontano) risuonava lontano il singhiozzo soffocato: chiù…
Su tutte le cime degli alberi illuminate dalla luna (lucide vette) soffiava un vento leggero (sospiro di vento: dà l'idea dell'ansia del poeta). Le cavallette, scuotevano finissimi sistri d’argento (metafora - il Poeta immagina che siano le cavallette, che producono un suono simile, a scuotere i sistri, ovvero antichi strumenti musicali utilizzati dagli egiziani nelle cerimonie sacre, che prometteva la resurrezione dopo la morte, costituiti da sottili lamine metalliche che venivano percosse); un tintinnio che sembra picchiare a porte invisibili, che forse non si apriranno più (tintinni a invisibili porte: che forse non si aprono più? = ovvero le invisibili porte - della morte -, aprendosi, potrebbero spiegare il mistero della vita); e c’era quel pianto di morte : chiù….


Analisi e commento:

Questa poesia venne pubblicata per la prima volta sulla rivista “Il Marzocco” e successivamente inserita nella quarta edizione di Myricae, nella sezione “In campagna”.
Con questa poesia Pascoli descrive un paesaggio notturno e nebbioso, animato da vari rumori, dove all’inizio prevale il sentimento dell’estasi, difatti dice che la notte è meravigliosa, il cielo è chiaro come l’alba e perfino gli alberi sembrano sporgersi per vedere meglio la luna che è nascosta tra le nubi. Di sottofondo vi è la melodia del mare, i fruscii dei cespugli, il frinire delle cavallette. Tutto quest’ambiente è disturbato solamente da una voce monotona e triste che si leva nei campi: il chiù, il grido dell'assiuolo (piccolo rapace notturno somigliante al gufo) Un suono che di strofa in strofa diventa più angoscioso (un singulto) fino ad arrivare a rappresentare un pianto di morte. Questo suono è per il poeta una scossa al cuore che fa emergere dal passato ricordi dolorosi. Pascoli si lascia suggestionare dalle credenze popolari che considerano la voce dell’uccello notturno un presagio di disgrazia e di morte.
Le tre strofe sono un crescendo di inquietudine e drammaticità ed hanno una costruzione molto simile: all’inizio prevale un’immagine di luce (la luna che sta per sorgere, le stelle che brillano, i monti illuminati) ma nella conclusione la luce e la vita che esse simboleggiano vengono negate da immagini di segno opposto (il nero del temporale, il sussulto e il grido doloroso, le porte che non si possono più riaprire).
I punti interrogativi con cui la poesia si apre e si chiude trasmettono il senso di incertezza e di dubbio del Poeta.

Metrica:

La lirica è formata da tre strofe di sette novenari seguiti dal suono onomatopeico (verso dell’assiuolo chiù) che chiude ogni strofa e che rima sempre col sesto verso di ogni strofa secondo lo schema: ABABCDCd.
Cadenza ordinata e altalenante-cantilenante. Le rime sono alternate. Nel terzo verso, della seconda strofa, troviamo una rima interna: “cullare del mare”.
Numerose le metafore, onomatopee,analogie e sinestesie.