L’ACCENTO E LE PAUSE



L’accento

L’accento è quella caratteristica per la quale, in una parola, viene pronunciata con maggiore forza una sillaba rispetto alle altre. Questa insistenza è detta accento tonico, o accento.
In poesia accanto all’accento tonico esiste l’accento ritmico o ictus (dal latino, significa percussione) ed è il punto del verso dove la voce insiste con più forza.
Il susseguirsi di parole dotate o meno di accento ritmico crea il ritmo del verso.

Nel/ mez/zo/ del/ cam/mìn/ di/ no/stra/ vì/ta
mi/ ri/tro/vài/ per/ u/na/ sèl/va o/scù/ra
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, I, vv.1-2)

Le/ vè/le/ le/ vè/le le/ vè/le
che/ schiòc/cano e/ frù/sta/no al/ vèn/to
(Dino Campana, Barche amarrate, vv.1-2)


Le pause

A conferire ritmo al verso contribuiscono anche le pause, chiamate cesure.
Le cesure sono presenti solo nei versi lunghi, dove spesso coincidono con le pause determinate dalla punteggiatura e dividono il verso in due parti, gli emistichi.

di gente in gente // me vedrai seduto
(Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.2)

Questo di tanta speme // oggi mi resta! 
(Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v.12)


Il computo delle sillabe

Per il computo delle sillabe se la parola è:

  • piana (cioè ha l’accento sulla penultima sillaba), è regolare

    Es.:
    sta il/ cac/cia/tor/ fi/schiàn/do
    (Giosuè Carducci, San Martino, v.11) – il verso è un settenario, cioè di 7 sillabe (tra sta e il c’è sinalefe)

    So/lo e/pen/so/so i/più/de/ser/ti/càm/pi
    (Petrarca, Canzoniere, XXXV, v.1) – il verso è un endecasillabo, cioè di 11 sillabe.

  • tronca (cioè ha l’accento sull’ultima sillaba), l’ultima sillaba è calcolata doppia.

    Es.:
    E/ non/ mi/ so/ sde/gnàr
    (Pietro Metastasio, La libertà, v.28) – il verso è un settenario tronco (l’ultima sillaba gnàr vale quanto 2 sillabe)

    Dai/ sol/chi /ba/gna/ti/ di/ ser/vo/ su/dòr
    (Alessandro Manzoni, Adelchi, coro Atto III, v.3) – il verso è un dodecassilabo, cioè di 12 sillabe, tronco (l’ultima sillaba dòr vale quanto 2 sillabe)

    Che/ la/ fo/ce /del/l’Ad/da/ ver/
    (Alessandro Manzoni, Marzo 1821, v.24) – il verso è un decassilabo, cioè di 10 sillabe, tronco
  • sdrucciola o bisdrucciola (cioè ha l’accento sulla terzultima o sulla quartultima sillaba), si conta solo una sillaba dopo quella con l’accento, anche se ce ne sono due o tre. Il verso risulta quindi con delle sillabe in più.

    Es.:
    Spar/sa/ le/ trec/ce/ mòr/bide
    (Alessandro Manzoni, Adelchi, coro atto IV, v.1) – il verso è un settenario sdrucciolo (la sillaba de di morbide non rientra nel computo)

    Ei/ fu./ Sic/co/me im/mò/bile
    (Alessandro Manzoni, Il cinque maggio, v.1) – il verso è un settenario sdrucciolo (la sillaba le di immobile non rientra nel computo)


Sistole e diastole

Nel linguaggio poetico vi sono alcune parole che presentano un’accentazione diversa da quella usuale. Questo fenomeno avviene per esigenze ritmiche e metriche e può essere di due tipi:

  • Sistole – quando vi è uno spostamento d’accento in sillabe precedenti la sillaba accentata d’origine.
    Es.: “pièta” invece di “pietà”; “podèsta” invece di “podestà”.
  • Diastole – quando vi è uno spostamento d’accento in sillabe successive alla sillaba accentata d’origine.
    Es.: “umìle” invece di “ùmile”; “simìle” invece di “sìmile”.