FORSE UN MATTINO
Eugenio Montale

TESTO
  1. Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
  2. arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
  3. il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
  4. di me, con un terrore di ubriaco.
  5. Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
  6. alberi case colli per l'inganno consueto.
  7. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
  8. tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
PARAFRASI

Forse: il primo verso si apre con un’ipotesi che segna l’intero componimento.  Il futuro ipotetico ("Forse... vedrò") serve a introdurre il "miracolo" (cioè la percezione del "nulla") come un possibile eppur straordinario evento, che infrange le leggi naturali; aria di vetro = tersa come il cristallo;  così tersa, limpida e secca da sembrare artificiale, indica il carattere irreale di una simile esperienza; rivolgendomi = voltandomi indietro; compirsi = realizzarsi; il miracolo = l’evento straordinario;  nulla: provoca una sensazione di vertigine.
terrore di ubriaco: esprime il terrore di chi ha perso ogni stabile punto di riferimento, come gli ubriachi che possono cadere a terra in ogni momento.
Come s’uno schermo: come sopra uno schermo cinematografico (metafora che richiama il mondo dell’uomo moderno), si proiettano le immagini che a noi sembrano reali (inganno consueto) ma sono frutto invece di un’illusione ottica; di gitto = freneticamente, una cosa sull’altra.
Sarà troppo tardi: ormai ha visto il nulla e il poeta ha acquisito una consapevolezza che lo rende diverso da tutti gli altri uomini (gli uomini che non si voltano) che continuano a credere alla realtà apparente.


Analisi e commento:

Questo testo descrive una rivelazione, una manifestazione improvvisa (epifania) del "nulla", del "vuoto", e dunque del prendere coscienza dell’assoluta apparenza del mondo e dell’assurdità dell’essere. Il poeta riesce a cogliere solo per un attimo brevissimo questa sensazione.
La scoperta o l'intuizione del "nulla", del "vuoto", è considerata dal poeta positiva (un "miracolo" come lo definisce) perché corrisponde a prendere coscienza anche di ciò che gli si contrappone ovvero dell'apparente realtà delle cose ("l’inganno consueto").
Dopo quest’attimo di folgorazione torneranno nuovamente a profilarsi le cose consuete della realtà, "alberi case colli”, ma il Poeta sa che si tratta di una realtà apparente, rappresentazioni fittizie, come le immagini di un film proiettate "s'uno schermo", che però inganna tutti coloro che non si pongono interrogativi esistenziali e metafisici.
Ormai il Poeta, dopo la miracolosa esperienza, non può più tornare alla condizione abituale ma illusoria degli "uomini che non si voltano", ed egli portando dentro di sé questa consapevolezza sarà obbligato alla solitudine e al silenzio ("me n'andrò zitto"), impossibilitato a svelare una realtà troppo terribile per essere accettata dagli uomini.
E’ da sottolineare che "gli uomini che non si voltano", nella loro indifferenza per tutto ciò che va al di là dell’apparenza, ricordano "l’uomo che se ne va sicuro" di un'altra famosa poesia montaliana: Non chiederci la parola.

Metrica:

Due quartine di versi liberi a rime alterne.