CARONTE
Divina Commedia - Inferno – Canto III – vv.82-111
Dante Alighieri

TESTO
  1. Ed ecco verso noi venir per nave
  2. un vecchio, bianco per antico pelo,
  3. gridando: "Guai a voi, anime prave!
  4. Non isperate mai veder lo cielo:
  5. i' vegno per menarvi a l'altra riva
  6. ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
  7. E tu che se' costì, anima viva,
  8. pàrtiti da cotesti che son morti".
  9. Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
  10. disse: "Per altra via, per altri porti
  11. verrai a piaggia, non qui, per passare:
  12. più lieve legno convien che ti porti".
  13. E 'l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
  14. vuolsi così colà dove si puote
  15. ciò che si vuole, e più non dimandare".
  16. Quinci fuor quete le lanose gote
  17. al nocchier de la livida palude,
  18. che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote.
  19. Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude,
  20. cangiar colore e dibattero i denti,
  21. ratto che 'nteser le parole crude.
  22. Bestemmiavano Dio e lor parenti,
  23. l'umana spezie e 'l loco e 'l tempo e 'l seme
  24. di lor semenza e di lor nascimenti.
  25. Poi si ritrasser tutte quante insieme,
  26. forte piangendo, a la riva malvagia
  27. ch'attende ciascun uom che Dio non teme.
  28. Caron dimonio, con occhi di bragia,
  29. loro accennando, tutte le raccoglie;
  30. batte col remo qualunque s'adagia.
PARAFRASI

Ed ecco venire verso di noi su una barca (per nave), un vecchio (Caronte, traghettatore delle anime dei dannati sul fiume Acheronte. E’ un personaggio della mitologia pagana già presente nell’Eneide di Virgilio dove veniva rappresentato come un vecchio lacero e torvo)  con la barba bianca per l’età (bianco per antico pelo - ipallage), che ci gridò: "Guai a voi, anime dannate! (prave = malvagie, perverse)
Non sperate di vedere il cielo: son venuto per condurvi all'altra riva, nelle tenebre eterne, al fuoco o nel gelo (in caldo e ‘n gelo: alcune delle pene inflitte ai dannati, le fiamme e il ghiaccio - antitesi).
E tu (Caronte si rivolge a Dante) che fai in questo luogo (costì), anima viva (non solo perché è ancora vivo ma anche nel senso che l’anima del poeta non è in peccato mortale e quindi ancora viva al cospetto di Dio), allontanati (pàrtiti) da questi che son morti". Ma siccome vide che non me ne andavo (non mi partiva), disse: "Seguendo un’altra strada (per altra via), approdando ad altri porti giungerai al mondo dell’Aldilà (verrai a piaggia), non qui, una barca più leggera (più lieve legno - metonimia) ti porterà" (Caronte profetizza che dopo la morte l’anima di Dante avrà un destino diverso dai dannati, perché verrà trasportata dalla velocissima barca dell’angelo nocchiero alla spiaggia del Purgatorio).
E Virgilio (duca = dal latino dux, capo, guida) gli rispose: "Non adirarti (non ti crucciare), Caronte, così si vuole là  (vuolsi così colà – in paradiso) dove si può (si puote), tutto ciò che si vuole e non domandare (dimandare) altro" (queste poche imperiose parole di Virgilio inducono Caronte al silenzio e al rispetto del volere divino. Da notare che Virgilio non usa espressamente il nome di Dio ma una perifrasi per riferirsi a lui).
Da quel momento (quinci) si quietarono le guance di Caronte (nocchier de la livida palude - nocchiero della nera palude – il fiume Acheronte è simile ad una paluda stagnante) ricoperte di lanosa barba (lanose - sineddoche), che aveva occhi cerchiati da ruote/cerchi di fuoco (infuocati).
Invece quelle anime, stanche/sfinite (lasse) e nude, impallidirono (cangiar colore) e battevano i denti per il terrore (tremarono di paura), non appena ebbero udito (ratto che ‘nteser) le dure parole del nocchiero (che ribadivano la loro eterna condanna).
Bestemmiavano Dio e i loro genitori (lor parenti – lat.), tutta l'umana specie (spezie) e il luogo, il tempo, gli antenati della loro stirpe e il seme da cui erano stati generati ('l seme di lor semenza e di lor nascimenti).
Poi si radunarono (si ritrasser) tutte insieme, piangendo forte (anastrofe), sulla riva dei malvagi (riva malvagia) che attende chiunque non tema Dio (chi durante la sua vita non ha timor di Dio).
Il diavolo Caronte (Caron dimonio), dagli occhi fiammeggianti (di bragia – di brace - metafora), con un semplice cenno imperioso (loro accennando), le riunì tutte, battendo col remo chi indugiava (s’adagia).


Analisi e commento:

Il III canto si svolge nell’antinferno dove sono puniti gli ignavi e poi sulla riva del primo dei fiumi infernali, l’Acheronte, che circonda il primo cerchio. Qui Dante e Virgilio, che per volere di Dio farà da guida al poeta attraverso l’Inferno e il Purgatorio, arrivano dopo aver oltrepassata la porta dell’Inferno ed è qui che le anime dannate vengono traghettate dal demone pagano Caronte alla riva opposta, dove ha inizio l’Inferno vero e proprio. Caronte, accorgendosi che Dante è ancora vivo gli ordina di tornare indietro perché da lì non può passare, ma Virgilio lo rassicura dicendogli che il viaggio di Dante è voluto da Dio.

Metrica:

Terzine di versi endecasillabi a rima incatenata (ABA, BCB…YZY, Z).
La descrizione è fortemente realistica e sono presenti diversi enjambements, numerosi latinismi e molta punteggiatura.