SCAPIGLIATURA



La scapigliatura

Va sotto il nome di “Scapigliatura” (che deriva da “scapigliare”, letteralmente “spettinare”, metafora per una vita ribelle e disordinata) un movimento letterario e artistico sorto a Milano negli anni sessanta dell’Ottocento e attivo in Lombardia e Piemonte per oltre un decennio.
La Scapigliatura si inserisce in una diffusa situazione di insofferenza culturale e politica: nei confronti del governo, delle strutture sociali, della mentalità dell’Italia postunitaria.
Grazie all’adesione al vero, gli scapigliati si riconnettono a molti aspetti del primo Romanticismo e quindi ne sono in un certo senso i continuatori: perciò, oltre che per il frequente ribellismo personale, la Scapigliatura è stata anche chiamata “secondo Romanticismo”.


Gli scapigliati

Più che di “scuola scapigliata”, si può parlare di un gruppo di giovani amici legati da un comune anticonformismo che li portava a rifiutare le convenzioni della borghesia contemporanea e a elaborare programmi rivoluzionari, ricercando più originali soluzioni tematico stilistiche e spesso ispirandosi a modelli stranieri. Stanno in primo piano i lombardi Emilio Praga (anche pittore), Arrigo Boito (anche musicista), Carlo Dossi (l’esponente di maggior valore) e i piemontesi Iginio Ugo Tarchetti e Camerana.
La scapigliatura piemontese nasce nel 1863 quando Praga e Boito, recatisi a Torino per la rappresentazione della loro commedia “Le madri galanti”, vi inaugurarono la società Dante Alighieri, fondata da alcuni giovani piemontesi.



La scapigliatura e il 6 febbraio

Denominatori comuni del gruppo (un discorso a sé andrà fatto per Dossi) furono:

  • la giovane età,
  • una vivace intelligenza,
  • un atteggiamento di netta indipendenza dalla società del tempo, della quale si respingevano gli orientamenti letterari, artistici e ideologici (in particolare il positivismo e la fiducia nella scienza, cui si contrapponevano l’occultismo e il paranormale).

Questi tratti emergono nell’identikit dell’artista scapigliato che Cletto Arrighi disegna nell’ introduzione al romanzo che dà nome al movimento: La scapigliatura e il 6 febbraio (1862).


Scapigliatura-boheme

L’introduzione del libro spiega il significato del termine ”Scapigliatura”, equivalente all’incirca al francese “boheme”, che si era diffuso anche in Italia sull’onda della fortuna del romanzo “Scenes de la vie de boheme” del francese Henri Murger, dove si raccontavano le vicende di alcuni artisti parigini (vi s’ispirò in seguito la celebre opera di Giacomo Puccini  “La boheme”, 1905).
Il romanzo di Arrighi racconta le complicate storie di giovani riuniti in una società segreta antiaustriaca, parecchi dei quali destinati a morire durante il moto mazziniano del 6 febbraio 1853 a Milano.


Le riviste scapigliate

L’ opposizione all’ideologia borghese è l’elemento fondamentale comune di questo movimento complesso e sfaccettato. Importanti punti d’incontro nel decennio 1860-70 e poco oltre furono inoltre le riviste scapigliate.


L’importanza dei modelli stranieri

L’insofferenza per la cultura e la società italiana contemporanea indusse gli scapigliati a cercare una patria ideale nella Francia, che offriva maestri come: de Nerval, Baudelaire, Gautier ecc. e a caratterizzarsi per:

  • la tendenza a mescolare arte e vita;
  • la ricerca di moduli artistici non convenzionali;
  • atteggiamenti biografici apertamente trasgressivi;
  • l’abuso di alcol e il ricorso alla droga portarono alcuni di loro alla consunzione fisica e a una morte precoce.

Il “maestro“ Rovani

Anche in Italia gli scapigliati trovarono un maestro in un artista ribelle e anarcoide come il milanese Giuseppe Rovani.