O FALCE DI LUNA CALANTE
Gabriele D’Annunzio

TESTO
  1. O falce di luna calante
  2. che brilli su l’acque deserte,
  3. o falce d’argento, qual mèsse di sogni
  4. ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
  5. Aneliti brevi di foglie,
  6. sospiri di fiori dal bosco
  7. esalano al mare: non canto non grido
  8. non suono pe ’l vasto silenzïo va.
  9. Oppresso d’amor, di piacere,
  10. il popol de’ vivi s’addorme...
  11. O falce calante, qual mèsse di sogni
  12. ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
PARAFRASI

O falce (anafora vv.1-3-11) di luna calante (metafora: la luna all'ultimo quarto ha la tipica conformazione di una falce – il poeta si rivolge direttamente alla luna) che brilli sul mare (su l’acque deserte – deserte perché non vi sono barche), o falce (ripete l’immagine metaforica) argentata, che abbondanza di sogni (messe di sogni la metafora luna/falce suggerisce la metafora sogni/messe come se il mondo fosse un immenso campo ondeggiante di sogni, che si levano da tutte le creature viventi che dormono, da mietere con la luna/falce) ondeggiano (seguendo le onde del mare e l’effetto del riverbero) sotto la luce della luna (mite chiarore) qui sulla terra (qua giù).
Il tremolio appena percepibile delle foglie sembra un fremito (aneliti brevi), i profumi (sospiri) dei fiori dal bosco si diffondono (esalano) sino al mare: non si ode alcun rumore (non canto non grido non suono anafora che sottolinea l’assoluta mancanza di rumori) nel vasto silenzio.
Stremato dall’amore e dal piacere (dei sensi) tutti gli esseri viventi (il popol de’ vivi) si abbandonano al sonno (s’addorme sta per si addormenta)…
O falce calante (si ripete la prima strofa, con l'omissione del termine luna, conferendo al componimento un andamento circolare) l'invocazione della prima strofa.


Analisi e commento:

Questa breve ode fa parte della raccolta Canto novo, appartiene alla produzione giovanile di D’Annunzio (il poeta ha 19 anni) ed è una delle sue più famose e celebrate liriche "notturne".
La poesia descrive una notte quieta in cui il mondo gli appare immobile sotto il chiarore dell’esile spicchio dell’ultimo quarto di luna. Non si ode alcun rumore, impercettibilmente solo le piante ed i fiori sembrano muoversi mentre gli esseri viventi, affaticati dal piacere, dormono un sonno profondo.
In pochi versi D’Annunzio riesce a descrivere in maniera suggestiva e raffinata questo tema notturno, giocando sulla musicalità dei versi e sulla sensualità delle immagini. La natura viene umanizzata ed il poeta ne esalta gli aspetti più languidi rivelando il carattere decadente e sensuale della sua ispirazione.

Metrica:

Tre quartine (strofe di 4 versi), ognuna costituita da 2 novenari e due dodecasillabi (doppi senari), l’ultimo dei quali è sempre tronco. Lo schema è libero.
Formalmente è una piccola ode che per l’assenza di rima richiama la metrica barbara.
Nella I strofa predomina il senso visivo (il brillio argentato sul mare) mentre nella II il senso uditivo (le foglie che anelano e i fiori che esalano sospiri).
Enjambement ai vv.3-4, 7-8, 11-12 e numerose le allitterazioni, ad esempio della l (al v.1: o falce di luna calante) e della s e f soprattutto ai vv.5-9.