GIOVANNI VERGA
(1840-1922)



La vita

Romanziere e novelliere d’eccezione, oltre che autore di teatro, a lui si devono i più alti risultati del verismo in Italia.
Giovanni Verga nasce a Catania il 2 settembre 1840, da una famiglia di possidenti.
Cominciò a scrivere giovanissimo, pubblicando nel 1861-62 il suo primo romanzo, "I carbonari della montagna" (la prima produzione, costituita da romanzi storico patriottici, denota la provincialità delle sue letture. I modelli presenti sono quelli di Scott e Dumas.).
Vi è poi il superamento di questa prima produzione: “Una peccatrice”, “tigre reale”, “Storia di una capinera” sono storie basate su:

  • passioni fatali;
  • vocazione realista (già presente);
  • analisi dell’istituzione familiare, a cui corrisponde anche un’integrazione sociale;
  • il soggetto che si perde.

Recatosi per la prima volta a Firenze nel maggio 1865, vi tornò con sempre maggiore frequenza fino al 1872. In questi anni si afferma con “Storia di una capinera”, romanzo epistolare che presenta la vicenda dell’educanda Maria. Romanzo patetico e intimista, Storia di una capinera, è ambientato nell’assolata campagna siciliana e rivela la cura con cui Verga andava fin d’allora studiando il folclore locale e i risvolti sociali delle vicende affrontate.
Dal novembre 1872 al 1893, dimorò a Milano, dove partecipò alle discussioni e ai progetti dell’avanguardia letteraria e artistica dell’epoca e presso gli editori milanesi pubblicò la serie dei romanzi cosiddetti “Mondani”, che gli procurò un indiscusso successo: ”Eva”, “Eros” e “Tigre Reale”. In essi i personaggi maschili risultano spesso scialbi e meschini mentre ben più affascinanti e femminili sono invece le figure femminili.
Ma già veniva maturando in lui un’alternativa, a cominciare dal “bozzetto siciliano”: “Nedda”, “Vita dei campi” e “Malavoglia”,  prima tappa di un ciclo narrativo che, sul modello zoliano, doveva tracciare un quadro obiettivo dell’intera società.
“Nedda” = ritorno del romanziere nella sua città; la protagonista è una ragazza povera, alla quale succedono molte disgrazie. Dentro questa opera comincia a elaborare la sua concezione: Destino determinato dalla sorte.
“Per le vie” = Ambientato a Milano, dove una serie di ragazze vengono dalla campagna e si perdono nella città, sia moralmente che fisicamente.
L’analisi del mondo contadino siciliano è compiuta con la “Novelle rusticane” e il “Mastro don Gesualdo”.
Ritiratosi in Sicilia nel 1893, tentò invano di condurre a termine in “ciclo dei vinti”.
Muore il 27 gennaio 1922 per un attacco di trombosi.



OPERE


MASTRO DON GESUALDO

E’ il secondo grande romanzo verghiano, lungamente elaborato. La vicenda si svolge tra a fine del settecento e l’unità d’Italia; il Mastro finisce quindi per rivelarsi anche come una sorta di romanzo storico o di costume. Al centro sta la figura isolata e potente del protagonista, seguito nelle sua ascesa sociale, da semplice muratore (mastro) a proprietario terriero e marito di una nobile (don), fino al suo fallimento. Tutto ruota attono al tema della “roba”, la cui ricerca spinge e domina il protagonista. Il successo sociale lo porta al confronto con la desolazione affettiva che lo circonda e poi alla rovina totale, emblematica del destino umano.

L’intreccio e l’ambientazione
E’ ambientato, non più in un misero villaggio di pescatori, ma nella fertile pianura catanese. Il romanzo vede come protagonista Gesualdo Motta, che all’avidità di ricchezza “sacrifica ogni cosa”. Egli s’affatica tutta la vita per arricchire, levandosi il pane di bocca, lavorando come un negro, prima a cottimo, poi assumendo dei piccoli appalti, allargando man mano le sue speculazioni. Non sposa Diodata Limoli, una povera trovatella dalla quale ha avuto dei figli, e invece sposa donna Bianca Trao, di famiglia nobile e decaduta nella speranza di essere agevolato nei suoi affari dal parentado nobile e influente della moglie.
Ma tutto gli si ritorce contro; la moglie avvilita, troppo diseguale d’educazione col marito, lo teme e non gode se non della sua ricchezza, tutto il paese gli è avverso. Mastro don Gesualdo mette la figliuola, bambina ancora, in un convento aristocratico a Palermo, malgrado l’opposizione della madre, e della ragazza, uscita poi dal collegio a 18 anni. La ragazza urtata dalla differenza d’educazione col genitore e colpita dalla schiavitù in cui tiene la madre non ama il padre. La madre muore di tisi.  Mastro don Gesualdo torna al suo paese, malato di cancro, spende inutilmente i suoi denari per farsi curare dai primari medici, muore però solo come un cane, assistito solo da un muratore che egli ha sempre maltrattato.
Le due redazioni:
Il romanzo presenta due redazioni: la prima edita a puntate su “Nuova Antologia”, e la seconda che, dopo una radicale revisione da parte dell’autore, esce in volume.

STORIA DI UNA CAPINERA

Romanzo epistolare scritto in un breve arco di tempo nell’estate del 1869 per presentarlo a Francesco Dall’Ongaro, apparso nel 1870 sul settimanale milanese “ Corriere delle donne” e in volume  nel 1871 presso l’editore milanese Lampugnani.
Il romanzo presenta le vicende dell’educanda Maria. Uscita dal convento a causa di un’epidemia di colera, Maria s’innamora di Nino, il quale però sposerà la sorella di Maria; rientrata in convento, si lascerà morire di dolore.
La narrazione si sviluppa in forma di lettere inviate dalla protagonista ad un’amica, Marianna, sua compagna in convento, ora però felicemente sposata.
Il romanzo è ambientato nelle campagne Siciliane.

VITA DEI CAMPI

E’ una raccolta che riunisce novelle anticipate in rivista negli anni appena precedenti. Sono otto testi, il primo dei quali, “Fantasticheria” contiene una dichiarazione di poetica e costituisce il manifesto della raccolta. Vi è delineato per la prima volta “l’ideale dell’Ostrica”, cioè la riluttanza a staccarsi dal luogo natale e l’impossibilità di riattecchirvi. Si delinea il recupero dei valori semplici e incontaminati del mondo contadino, volutamente contrapposti ai falsi valori e alle frivolezze della società mondana.

“L’ideale dell’ostrica” da Fantasticheria.
Nella novella Verga immagina di rivolgersi ad una signora del bel mondo catanese che, passando un giorno da Acitrezza, attratta dal sole, dal mare e dalla bellezza primitiva del villaggio di pescatori si ferma per qualche giorno per godere anche lei della bellezza del posto; ma dopo tre giorni ne fugge inorridita dicendo che non le pareva vita da uomini ma da bestie. Nell’ultima parte della novella la morale della vita del villaggio viene configurata nell'”ideale dell’ostrica”, cioè nella capacità di restar legato al proprio ambiente, di porsi fuori del fiume del progresso e della storia, di accettare il bene come il male con la stessa mancanza di ribellione.
Seguono “Jeli il pastore”, “Rosso malpelo” e “Cavalleria rusticana”, riscritta poi come testo teatrale, cui s’accosta un nuovo dittico di drammi della gelosia: “ La Lupa”, “L’amante di Raja” e “L’amante di Gramigna”.

“Rosso malpero”: La novella viene inserita al 3° posto dell’edizione del 1880 di “Vita dei campi”, dopo Fantasticheria e Jeli il pastore, con il quale forma un “dittico” di personaggi tragici.
Narra la vicenda di un ragazzo siciliano, chiamato Malpelo per i suoi capelli rossi, che lavora in miniera, dove perde la vita il padre, e che infine si smarrisce nei cunicoli intricati, senza che di lui si abbiano più notizie.

"La Lupa”: Appare per la prima volta sulla “Rivista nuova di scienze ,lettere e arti”, nel febbraio 1880, entra poi a far parte di Vita dei campi al secondo posto nel 1892.
La protagonista, chiamata al villaggio la Lupa perché non era mai sazia di nulla, una popolana passionale ed esuberante, diviene l’amante del genero e viene infine trucidata da lui, che non riesce a liberarsi dalla suggestione e dalla passione che lo lega a lei.

"L’amante di Gramigna”: è un testo particolarmente importante, perché nella lettera-prefazione (lettera indirizzata a Salvatore Farina), che lo introduce, Verga attua un preciso bilancio della propria produzione fino al 1880 e abbozza il cammino da percorrere per giungere alla piena realizzazione del programma verista. Si basa tutta sull’esigenza di cogliere i fatti dalla realtà, con scrupolo scientifico, di rappresentarli senza alcun intervento deformante dello scrittore, in modo che l’opera d’arte sembri “essersi fatta da sé”. E’ l’ideale del racconto come documento, “documento umano” come lo definisce Verga.

Concludono la raccolta “Giovanni”. I temi vertono su:

  • personaggi del mondo contadino, lasciati agire in prima persona e non più osservati con occhio paternalistico. Essi non appena tentano di sollevarsi dalla situazione di miseria e subordinazione nella quale vivono vengono però stritolati dal “pesce vorace”, ovvero dal mondo.
  • triangolo amoroso, che trova la drammatica soluzione nel duello rusticano, conseguenza del ferreo codice dell’onore, superiore ad ogni altra legge.

Nel 1897 Verga ripubblicò la raccolta, attuando una serie di correzioni a livello strutturale e stilistico, non sempre con risultati migliorativi.
Nel 1880 il sistema lessicale e sintattico della raccolta era coerente e mirava all’assunzione del linguaggio popolare dentro l’italiano e all’uso di una sintassi sgrammaticata e deviante, a imitazione della parlata siciliana.
Nel 1897 le correzioni lessicali vanno in 2 direzioni contraddittorie:

  • da un lato elimina toscanismi e termini disusati
  • dall’altro recupera vocaboli letterari, toscani o indefiniti, a scapito di quelli popolari.

I MALAVOGLIA

I Malavoglia appartengono al ciclo dei vinti, narrano il desiderio di star meglio della classe sociale più bassa
I personaggi sono i vinti, travolti dalla fiumana del progresso. Vinti diverso da Umili, non vanno a definire una categoria sociale: sono quelli vinti dal progresso, è un desiderio di tutti gli uomini uscire dalla miseria e desiderare di più.
Il protagonista è tutto il villaggio - romanzo corale - le vicende sono filtrate dal punto di vista del villaggio .

Trama
Il romanzo narra la vicenda della famiglia Toscano (I Malavoglia appunto), pescatori di Aci Trezza che, nella” ricerca del meglio”, finiscono per indebitarsi irreparabilmente. Fallito il commercio di una partita di lupini a causa del naufragio della barca, partiti i nipoti per la leva militare, finito in prigione ‘Ntoni', la famiglia si disgrega e la “casa del nespolo” viene venduta.
Solo dopo la morte della nuora di Padron’Toni, Maruzza, e dello stesso patriarca, i nipoti superstiti riescono a riscattare la casa e a ricostruire un piccolo nucleo familiare, dal quale restano esclusi per il loro “ tradimento” Lia  finita prostituta, e ‘Ntoni.

Struttura e le scansioni spazio-temporali
L’opera è composta da 15 capitoli, i quali si possono dividere in due blocchi narrativi:

  • I- IX = il protagonista è padron ‘Ntoni;
  • XI- XV = il protagonista è ‘Ntoni;
  • X = funge da cerniera tra i due blocchi.

Lo spazio del villaggio, non descritto minuziosamente ma presentato ai lettori come una realtà già nota, si articola in una serie di luoghi chiave che assolvono a funzioni ben definite:

  • la farmacia dove si svolgono i discorsi politici;
  • il sagrato della chiesa dove chiacchierano i possidenti;
  • l’osteria per gli sfaccendati;

Fanno da confine:

  • il mare = presenza costante e bivalente: fonte di sostentamento, ma anche luogo di pericolo e morte;
  • la sciara = desolata piana che circonda il villaggio, oltre la quale si apre il mondo esterno, luogo di perdizione e di morte.

Il tempo in cui si svolge l’azione è uniforme, monotono e poco rilevato. Non compaiono quasi mai riferimenti espliciti agli anni e ai mesi, ma piuttosto la scansione temporale si basa sulle ricorrenze religiose, sui ritmi stagionali dei lavori e dei raccolti o sugli avvenimenti che riguardano da vicino la vita del paese.
Da appunti manoscritti di Verga si è rilevato che la vicenda occupa un arco di circa 15 anni: dalla partenza di ‘Ntoni per la leva (1863), fino al suo ritorno e definitivo allontanamento dopo la drammatica esperienza della prigione (1878).
I personaggi vengono introdotti a poco, a poco.

Temi

  • “casa del nespolo” = simboleggia il permanere delle tradizioni e dei valori del passato;
  • Partenza e ritorno = legati indissolubilmente al tema della morte;
  • Ripetersi immutabile delle stagioni e degli eventi, in contrapposizione con il mutamento continuo che il progresso porta.
  • Ruolo della famiglia = focolare domestico; è facile comprendere i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato.

Provvidenza –> nome della barca.
Narrazione – filtrata dal punto di vista del personaggio.
In tutta l’opera sono presenti 150 proverbi; li usa per esprimere la sua posizione.

I proverbi nei “malavoglia”.

  • ” Senza pilota barca non cammina. Per far da papa bisogna saper far da sagrestano”.
  • ” Fa il mestiere che sai , che se non arrichisci camperai”.
  • ”contentati di quel che t’ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante”.
  • ” Chi ha carico di casa non può dormire quando vuole , perché , chi comanda ha da dar conto.”
  • ” L’uomo è il fuoco , e la donna è la stoppa: viene il diavolo e soffia”.
  • ” Quel che è di patto non è d’inganno”.
  • ” Al giorno che promise si conosce il buon pagatore”.
  • ” Triste quella casa dove ci è la visita del marito”.

NOVELLE RUSTICANE

“ Novelle Rusticane” vengono elaborate nei primi anni ottanta e vengono pubblicate in volume alla fine del 1882.
La realtà in esse rappresentata appare decisamente più cupa.
Le parole: Dio, Re, Giustizia, Libertà perdono valore, rivelano tutta la contraddittorietà di un mondo in cui il progresso è illusorio e quindi il cambiamento solo apparente.
Non a caso molte novelle si svolgono nel 1860, anno in cui era trionfata l’eresia, ovvero al re Napoletano succedeva quello Piemontese.
Oltre alla polemica ideologica c’è la polemica sociale che vede gli umili soccombere, non solo davanti ai potenti, ma anche di fronte ad una natura maligna.
Miseria e desolazione, sia per i vincitori e vinti, sia per ingannatori e ingannati.