IL SOCIALISMO UTOPISTICO



Saint Simon: la scienza e la tecnica come base della nuova società

Il socialismo francese è rappresentato da quello che è stato poi chiamato socialismo utopistico e che annovera tra i suoi pensatori più significativi Saint-Simon, Fourier e Proudhon.
L’idea di fondo di Saint-Simon è quella per cui la storia è retta da una legge di progresso. Ma tale progresso non è lineare, in quanto la storia umana è un alternarsi di periodi organici e di periodi critici.
Le epoche organiche si fondano su di un insieme di principi ben solidi e crescono e operano all’interno di essi; ma accade che, ad un certo momento, lo sviluppo della società invalida i principi su cui essa prima si fondava stabilmente, e allora abbiamo quelle che Saint-Simon chiama le epoche critiche.
Attraverso uno schema siffatto, Saint-Simon rovescia alcuni giudizi storici operati dall’Illuminismo.
L’Illuminismo, in nome dei lumi della Ragione, aveva giudicato negativamente il Medioevo cristiano, che Saint-Simon, invece, vede come un’epoca organica e stabile governata dalla fede; l’Illuminismo aveva, inoltre, giudicato positivamente l’età moderna, ed in questa Saint-Simon vede invece un’epoca critica, il cui caos spirituale e sociale è frutto del crollo dei valori del Medioevo.
Ora, però, occorre spingersi avanti, verso una nuova epoca organica, ordinata dal principio della scienza positiva. Il progresso scientifico, secondo Saint-Simon, avrebbe distrutto quelle dottrine teologiche e quelle idee metafisiche che stavano a fondamento dell’epoca organica del medioevo; e adesso il mondo degli uomini deve, per andare avanti, venir riorganizzato e ordinato sulla base della scienza positiva.
Il progresso verso la nuova età organica, dominata dalla filosofia positiva, è un progresso inevitabile.
Saint-Simon delinea l’avvento della futura società come un ritorno al Cristianesimo primitivo.
Essa sarà una società, in cui la scienza costituirà il mezzo per raggiungere questa fratellanza universale che “Dio ha dato agli uomini come regola della loro condotta.”
E in base a questa regola, gli uomini “devono organizzare la propria società nella maniera che possa essere la più vantaggiosa per il maggior numero di persone”.
Il supremo criterio che avrebbe dovuto informare l’azione dello Stato doveva essere per Saint-Simon il seguente: a ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo le sue opere.
La prima avrebbe dovuto essere la regola della produzione, la seconda quella della ripartizione.
In Francia la dottrina di Saint-Simon ebbe una diffusione non indifferente. Il movimento di Saint-Simon diede origine, nei discepoli, ad una specie di chiesa che dilaniata dalla scissione di due correnti interne non durò a lungo.


Charles Fourier e il “mondo nuovo societario”

Charles Fourier fu discepolo di Saint- Simon. L’idea centrale del Fourier è quella per cui esiste nella storia un grandioso piano provvidenziale dal quale non possono essere esclusi l’uomo, il suo lavoro e la maniera di costituirsi della società.
L’ organizzazione sociale, se vuol rispettare il piano armonico di Dio, deve rendere attraente il lavoro, verso cui l’uomo si sente chiamato. Piuttosto che ostacolare la naturale tendenza al piacere, occorre utilizzarla in vista del massimo rendimento.
Sennonché, sostiene Fourier, le tre grandi epoche storiche che si sarebbero avute sino ad oggi - quella dei Selvaggi, quella dei Barbari e quella dei Civilizzati - avrebbero proprio ostacolato l’armonioso sviluppo delle passioni umane.
La civilizzazione era una gran cosa per gli Illuministi, ma per Fourier la “civiltà” significa il trionfo della menzogna come è dimostrato dal commercio, a causa del quale le merci, passando di mano in mano, aumentano di prezzo ma non di valore.
Per lui, è la “civiltà” che - attraverso il regime della libera concorrenza, dove ognuno persegue il proprio interesse senza minimamente badare a quello degli altri e della comunità - accresce la miseria, pur essendo i beni disponibili in maggior quantità.
E, d’altro canto, non solo l’economia è perversa, ma anche la morale.
La morale attuale, secondo Fourier, blocca le passioni e genera così l’ipocrisia. Essa è la sorgente della menzogna.
Tutte queste considerazioni conducono Fourier a sostenere che le passioni o “attrazioni” non debbono venir coartate (costrette), ma liberate e finalizzate al loro rendimento massimo. Fourier fu dell’avviso che l’organizzazione adatta a tal fine fosse la “falange”, gruppo di circa 1600 persone che vivono in un “ falansterio”. I falansteri sono unità agricolo-industriali, dove le abitazioni sono alberghi e non caserme e dove ciascuno trova occasioni svariate per soddisfare le sue inclinazioni. Le donne sono equiparate agli uomini; la vita familiare è abolita, giacché i bambini vengono educati dalla comunità; scompare la fatica del lavoro domestico. Nel falansterio vige la totale libertà sessuale.
Nessuno sarà vincolato ad uno specifico lavoro. Ognuno produrrà ciò che gli piace produrre. Tuttavia, per evitare la monotonia della ripetitività, ciascun individuo imparerà almeno quaranta attività professionali e cambierà lavoro più volte al giorno. I lavori spiacevoli e sporchi (come pulire le cloache e altre cose del genere) verranno affidati ai bambini, i quali provano grande piacere nello sguazzare nella sporcizia.
Sono queste dunque, le premesse che dovrebbero permettere il passaggio all’età dell’Armonia universale, all’età del Mondo Nuovo Societario.
Le attività del falansterio saranno dirette da un “unarca”; nel falansterio il lavoro dovrà essere attraente. Alcuni discepoli di Fourier tentarono di realizzare il suo programma. E si costituirono delle falangi in Europa e in America. Gli esperimenti fallirono, mostrando il carattere utopico delle idee di Fourier.


Pierre-Joseph Proudhon

Proudhon è simultaneamente avversario sia della proprietà privata, sia del comunismo.
Proudhon vede che l’economia borghese ha come fondamento la proprietà privata. Ma cos’è la proprietà? “La proprietà è un furto”. La proprietà è un furto, secondo Proudhon, perché il capitalista non corrisponde all’operaio l’intero valore del suo lavoro. La forza collettiva, che risulta dalla forza di più lavoratori organizzati, fornisce una produttività molto più alta di quella che si otterrebbe dalla somma di singoli lavori individuali. Il capitalista si appropria del valore del lavoro collettivo.
Proudhon non è contrario alla proprietà in quanto tale, ma solo alla proprietà che assicura “un reddito senza lavoro”.
L’ordinamento socio-economico borghese è, quindi, sbagliato; esso va cambiato. Ma in quale direzione? Proudhon scarta subito l’ipotesi comunista che asservì la persona alla società. Ma se non funziona l’ipotesi comunista, nemmeno quella individualista è adeguata. Non è adeguata perché è illusorio lo sviluppo senza limiti della libertà dei singoli.
Proudhon propone quindi un nuovo ordinamento sociale fondato sulla giustizia ed egli definisce la giustizia come “il rispetto, spontaneamente provato e reciprocamente garantito, della dignità umana, in qualsiasi persona.
La giustizia, secondo Proudhon, è la legge del progresso.
Proudhon rifiuta la concezione della giustizia imposta all’uomo dall’esterno, da un Dio. Questa è la giustizia della rivelazione, alla quale Proudhon contrappone la giustizia della rivoluzione, quella giustizia cioè che è immanente nella coscienza e nella storia umana.
Proudhon ritiene che si debba riorganizzare l’economia, facendo sì che i lavoratori diventino proprietari dei mezzi di produzione e che, pertanto, abbiano la possibilità di autogestire il processo produttivo. In tal modo, il tessuto economico della società viene a costituirsi come una pluralità di centri, o gruppi, produttori che si equilibrano a vicenda.
Questi gruppi si limitano reciprocamente nel potere e in tal maniera si garantiscono la giustizia e la libertà.