FILIPPO  TOMMASO MARINETTI
(1876-1944)
La vita
È il vero ideologo e promotore del futurismo. Nato ad  Alessandria d’Egitto nel 1876 ebbe, qui e poi a Parigi, una formazione culturale francese.  Le sue prime opere creative sono poesie in versi liberi di carattere simbolista  e in francese. 
    Nel 1905 si trasferì a Milano, dove fondò la rivista  internazionale “Poesia”. 
    Nel 1909, con la nascita del movimento futurista, si mise  in luce come organizzatore; compose (o collaborò a) tutti i manifesti “tecnici”  e “politici”, promuovendo anche le tumultuose “serate futuriste”. 
    L’acme di violenza e di contestazione inizialmente proposto  si stemperò poi nei testi creativi futuristi di Martinetti in uno stile  tendenzialmente barocco e di gusto decadente, mentre la teoria delle “parole in  libertà” e dell’abolizione di ogni nesso logico e grammaticale raramente fu  rispettata fino in fondo. 
    Dopo essere stato interventista e combattente in guerra,  Marinetti portò il futurismo a fiancheggiare il movimento fascista; con  l’avvento del fascismo al potere, ricevette onori e cariche ufficiali, tra cui  la nomina ad Accademico d’Italia (1929), e cantò il regime. 
    Partecipò anche alla Guerra d’Etiopia e alla seconda guerra  mondiale, e nel ‘43 aderì alla Repubblica Sociale. Morì a Bellagio nel  1944.
Manifesto tecnico della letteratura futurista (da “I poeti futuristi”)
In questo manifesto Martinetti fissa le norme del  “paroliberismo”, precisando in ambito strettamente formale e letterario quelle  innovazioni tematiche già definite nel manifesto di fondazione del 1909. 
    L’apertura introduce l’immagine di un aeroplano e vuole  sottolineare il gusto del moderno che affascina i futuristi, e la distanza che  essi intendono creare rispetto al mondo della tradizione. 
    Le proposte che emergono riguardano la sintassi, la  morfologia e l’interpunzione. L’impostazione tradizionale del periodo va  scardinata, lasciando spazio all’intuizione creativa e alle libere  associazioni; il giudizio soggettivo dello scrittore va sradicato attraverso  l’uso dell’infinito, l’abolizione degli aggettivi, degli avverbi, similitudini.  Bisogna lasciare sempre meno spazio alla soggettività dello scrittore. 
    Anche la proposta di abolire la punteggiatura e di  sostituirla con segni matematici o del linguaggio musicale tende all’obiettivo  di creare una poesia di immagini nuove, fino al paradosso di arrivare a fare,  dice Martinetti: il “brutto” in letteratura. 
